È un’artista vera in un mondo di mediocri. La nostra intervista alla vigilia dello show italiano: l’arte di non prevedere il futuro, ‘O Superman’ nello spot sull’Aids, l’intelligenza artificiale che in un certo senso le permette di scrivere ancora con Lou Reed
Iniziò a suonare il violino in tenera età e agli inizi degli anni settanta, dopo essersi laureata in scultura alla Columbia University di New York, si dedica alla Performance Art. In una delle sue prime esibizioni, che si svolgevano in strada, suonava un violino che, grazie a un registratore nascosto all’interno, produceva dei loop di suoni che si sovrapponevano alla musica da lei suonata. Durante l’esibizione indossava un paio di pattini, le cui lame erano immerse in due blocchi di ghiaccio. Con il passare del tempo il ghiaccio si scioglieva e Laurie smetteva di suonare quando non era più in grado di stare in piedi.
Il violino resterà spesso al centro delle sue esibizioni e della sua creatività. Uno dei suoi strumenti più celebri, il Tape-bow violin, ha una testina da registratore al posto delle corde e un nastro magnetico inciso, teso sull’archetto. Il suono viene prodotto facendo scorrere l’archetto (il nastro) sul violino (la testina).
Tra i suoi lavori più celebri: United States 1-4, Mister Heartbreak, Empty Places, Stories from the Nerve Bible e Song and Stories from Moby Dick, uno spettacolo imponente ispirato al celebre romanzo di Herman Melville, nel quale suona un altro strumento di sua invenzione, il Bastone parlante (Talking stick), una sbarra metallica riempita di circuiti elettronici che riproduce suoni in base a come viene mossa o toccata.
Nel 1981 acquista popolarità con il singolo O Superman (for Massenet), composizione minimalista che raggiunge inaspettatamente il secondo posto nelle classifiche britanniche. Il brano, divenuto celebre in Italia tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta grazie ad una serie di spot pubblicitari del Ministero della sanità per la prevenzione dell’AIDS, apre alla Anderson le porte della discografia.
Nel periodo 1994–1995 ha prodotto anche un CD-ROM interattivo della durata di circa 12 ore e dal titolo Puppet Motel.
Si è lanciata in molteplici forme artistiche riscuotendo ovunque riconoscimenti: dalla musica avant-garde a quella pop, dalle istallazioni d’arte ai libri, dalla regia di film alla scultura. Personaggio multimediale o raccontastorie, come lei stessa si è più volte definita, Laurie Anderson incarna alla perfezione l’idea della art life, la vita intesa come costante atto creativo. «Intendi una vita difficile e miserabile, alla ricerca di idee in grado di torturare il torturato artista?», risponde l’americana, al telefono da New York, nascondendosi dietro a un cliché solo per ridere di se stessa. Brillante performer di spettacoli sperimentali, Laurie Anderson si esibirà al Ravenna Festival il 7 giugno, unica data italiana del tour europeo, accompagnata dal gruppo newyorchese Sex Mob. «Sono spesso in studio a lavorare in progetti solitari così ho pensato che sarebbe stato divertente esibirmi dal vivo, soprattutto con questa band perché capisce bene le mie canzoni: sono pezzi ingannevoli, sembrano facili da suonare ma in realtà non lo sono affatto».
Cresciuta nell’Illinois, la giovane Anderson si dedica allo studio del violino, strumento in cui eccelle, ma poi decide di studiare arte a New York dove emerge tra le figure principali della scena d’avanguardia. Nel 1981 scala le classifiche di mezza Europa con un brano insospettabile: O Superman, otto minuti di arrangiamenti strambi e vocoder, ovvero un filtro elettronico applicato alla voce (sua l’invenzione del talking stick). Poi sono arrivati anche i successi pop, il Grammy, i contributi alla biennale di Venezia, il primato di una residency alla Nasa e una serie performance che sfidano le leggi della categorizzazione. La sua partnership con Lou Reed, suo marito, dura oltre vent’anni, fino alla morte del rocker americano nel 2013; i due erano inseparabili e in un certo senso, lo sono ancora: nell’intervista Laurie Anderson ci spiega in che modo è attualmente impegnata a scrivere con lui un’opera a quattro mani. A Ravenna proporrà sia nuovi che vecchi brani dal debutto Big Science: «Sono parecchio eccitata. Per me è interessante capire cosa significhino oggi certe idee del passato».
Riesco ad avvertire il suo entusiasmo, traspare da una voce vispa, gentile, molto più giovane della sua età (76 anni il 5 giugno). In certe risposte, sento anche l’eco degli insegnamenti ottenuti attraverso decenni di studio su buddismo e meditazione. «Non creo per esprimermi, perché in fin dei conti non so realmente chi sia Laurie, e di certo non sento di doverlo spiegare agli altri. Piuttosto mi sento come un’antropologa che dice: guardate qui, questo è il mio lavoro».